Indipendente: Locale / Sostenibile / Accessibile

E’ sicuramente difficile trovare una definizione di Indipendente che sia attuale ossia che, fuori dalla retorica e lo storytelling ormai storicizzato, racconti le urgenze relative a questo momento preciso in cui, come giovane artiste e curatrici, ci troviamo ad operare oltre che a delineare ciò che possa offrire un contributo che sia concreto e peculiare alla pratica artistica contemporanea.

Incontrandoci qui per cercare di contribuivi, abbiamo scelto di provare a suggerire innanzitutto tre aggettivi, che vanno continuamente a intersecarsi, su cui poi riflettere per strutturare un discorso che, riflettendo sulla nostra esperienza, possa abbozzare quanto meno una possibile declinazione del termine.

Il primo è locale, ovvero ciò che va ad impattare sulla quotidianità di un luogo o contesto rispettandone l’identità artistica e la peculiarità morfologica, pur rimanendo inclusivo rispetto alle contaminazioni di nuove dimensioni e nuovi soggetti; il secondo è sostenibile, aggettivo che vuole comprendere non solo il punto di vista economico ma anche quello emotivo e culturale della pratica artistica; il terzo, infine, è accessibile, che sia quindi aperto a tutto e a tutti, eliminando le (non) inevitabili gerarchie tipiche della bolla del sistema dell’arte, creando spazi di inclusione, discussione, esplorazione e sperimentazione, sia per gli autori che per il pubblico.

Questa triade è maturata contestualmente alla realizzazione di FEA Festival Dos Espaços Dos Artistas de Lisboa, un festival indipendente, artist-run e no profit, che si svolge ormai da tre anni, in concomitanza con la fiera ARCO, a Lisbona e consiste in un circuito di mostre, performance ed eventi, situati in studi di artisti, artist-run spaces e spazi indipendenti, aperti per cinque giorni e selezionati sulla base di una proposta espositiva autonomamente concepita e prodotta.

Partendo dall’esperienza milanese Studi Festival (festival sviluppato a Milano dal 2015 al 2017[1]) FEA interseca il formato del festival culturale con quello dell’evento diffuso, e in questi anni ha sviluppato per il pubblico specializzato che si riversa a Lisbona durante ARCO, per la cittadinanza e per gli artisti, una mappatura fluida della ricerca attiva sul territorio. Ne include non solo gli spazi istituzionali e le gallerie private, ma anche tutti quei luoghi in cui l’Arte contemporanea si realizza quotidianamente, facendo convergere le pratiche individuali in una forma collettiva, attraverso un network (sia virtuale ma anche e soprattutto reale) funzionante da struttura di supporto, comunicazione e coordinazione.

Il progetto si propone così di incentivare la collaborazione tra artisti, sostenere la presenza nel sistema dell’arte di momenti dedicati alla sperimentazione puramente culturale e al confronto disinteressato, oltre di generare un evento con una forte caratterizzazione locale, che sottolinei i legami sociali tra i territori e gli artisti che li abitano.

Locale (il contesto Lisboneta e il sistema internazionale)
La capitale portoghese è infatti una catalizzatrice densa di situazioni indipendenti: nonostante  il lungo regime dittatoriale (terminato solo nel 1975), che ne ha inevitabilmente rallentato l’apertura e l’internazionalizzazione, già dagli anni Novanta vi si assiste ad una fioritura di progetti artistico-curatoriali che stabiliscono dinamiche nuove, esterne al circuito istituzionale – per fare un esempio, Galeria Zé dos Bois (traduzione portoghese di Joseph Beuys), centro di promozione e produzione artistica nato nel 1994 ed ancora attivo.

Questa tendenza si rafforza a seguito della crisi economica iniziata dopo l’adozione della moneta unica europea e che vede il suo apice nel 2010 – 2011 e i conseguenti tagli della Direção-Geral das Artes (organismo del Ministero della Cultura che coordina il sostegno alle attività artistiche), con la nascita di molteplici spazi gestiti da artisti o curatori.

Emblematico é il caso di Avenida 211, attivo dal 2006 al 2014, un edificio disabitato situato negli Champs-Élysées lisboneti (Avenida da Liberdade), che fu offerto in cessione a più di 50 artisti di varie generazioni, che li vi stabilirono i loro studi. Lo spazio, prima di essere chiuso in seguito alla sua vendita e alla sua trasformazione in hotel di lusso, negli anni ha ospitato varie iniziative culturali indipendenti come l’istituzione curatoriale Kunsthalle Lissabon (adesso spostatasi nella zona di Madre Deus), l’artist-run space Parkour e il progetto Barber Shop (iniziato da Margarida Mendes) rivolto a curatori e programmatori indipendenti. Un altro esempio, tutt’oggi attivo, é lo spazio Oporto, creato nel 2007 e diretto dall’artista Alexandre Estrela, ubicato nella vecchia sede del sindacato dei marinai di Lisbona, dedicato alla proiezione di film sperimentali.

Da allora molti spazi e progetti indipendenti sono stati aperti e spesso sfortunatamente chiusi per diversi motivi come: Syntax, Carpe Diem Arte e Pesquisa (l’associazione é ancora attiva, ma senza una fissa dimora) o il British Bar promosso da Pedro Cabrita Reis.

Arrivando ad oggi, la Lisbona post-crisi e post boom turistico sta vivendo un interessante momento di crescita: parallelamente all’apertura della fiera ARCO nel 2016 (si noti la differenza ad esempio con Milano in cui la prima edizione di Miart risale al 1995), l’arrivo delle gallerie internazionali e lo stabilirsi in città di sempre più artisti e operatori del settore provenienti da varie parti d’Europa e del mondo, sono comparsi spazi indipendenti, gestiti da artisti, così come spazi polivalenti.

Fra gli artist-run spaces più recenti citiamo Zaratan – Arte Contemporânea, Spirit Shop, Las Palmas Project, Uppercut e Casa Dona Laura; o ancora i progetti Belo Campo e A Gruta, creati e diretti rispettivamente dagli artisti Adrien Missika e Hugo Canoilas, entrambi ubicati in gallerie commerciali (rispettivamente Galeria Francisco Fino e Quadrato Azul).

L’internazionalizzazione della città ha visto anche l’affacciarsi di nuove residenze gestite da artisti: é il caso di Pada Studios, a Barreiro, e il neonato Mono, entrambi anche spazi espositivi fondati da artisti internazionali che accolgono studi di artisti; o progetti ibridi portati avanti in comunione tra curatori e artisti come Nowhere (frutto della collaborazione tra la curatrice Cristiana Tejo e l’artista Marilá Dardot, entrambe brasiliane) e Nanogaleria (progetto delle curatrici Luísa Santos e Ana Fabíola Maurício, nella vetrina dello studio di Miguel Palma).

A questi si accompagnano spazi indipendenti polivalenti come il centro di ricerca artistica Hangar, parte del Triangle Network, Appleton Square

Quello che ci è sembrato perciò emergere, al momento dell’ideazione del festival, è stata la necessità, proprio mentre il sistema dell’arte internazionale vi faceva prepotentemente il suo ingresso, di sostenere la comunità artistica locale: in modo tale che potesse essere di riferimento per sé stessa e per il territorio che la ospita.

Sostenibile (Supporto tra artisti e fundraising)
Difatti, ampliando lo sguardo al panorama contemporaneo (non solo lisboneta), si può notare che spesso, a un allargamento della diffusione, delle possibilità e dell’internazionalizzazione delle proposte, corrisponde un progressivo “isolamento” dei soggetti che vedono diminuire opportunità di dialogo diretto sul proprio lavoro, specialmente nella fase iniziale di ricerca o in quella di sperimentazione. L’artista così, si trova paradossalmente a sentirsi in qualche modo “solo” con la sua opera, sentimento gratificato (in modo soltanto apparente) dalle piattaforme di comunicazione.

Una partecipazione reale e un network quotidiano è a nostro avviso molto importante perché in grado di supportarsi mutualisticamente in termini di confronto e crescita di pratiche innovative e posizioni artistiche autentiche, oltre poi consentire l’emergere all’attenzione del mercato dei soggetti più interessanti attivi nel panorama locale (come spesso è avvenuto nel tempo rispetto alle proposte più dirompenti).

Unitamente alla sostenibilità per così dire “emotiva” della ricerca artistica è stato poi per noi molto importante lavorare su una sostenibilità per il progetto in sé, che ci consentisse di rendere la partecipazione gratuita sia per gli artisti che per il pubblico.

Abbiamo lavorato, in collaborazione con BeAdvisors, ad una strategia di foundrasing che fosse mirata al coinvolgimento di enti sia privati (Fundação EDP) che pubblici (la Câmara Municipal de Lisboa per esempio – al contrario che a Milano – si è difatti dimostrata da subito ricettiva nei confronti del progetto sostenendolo sin dalla prima edizione), e di numerosi partner territoriali.

Inoltre, non prevedendo come festival un supporto economico alla produzione delle mostre in programma, gli spazi partecipanti, sostenuti dal network di comunicazione e dalla strutturazione di FEA, sono stati spinti a sperimentare modalità di autofinanziamento, organizzazione e mutualismo che, nella maggior parte dei casi, li ha portati alla consapevolezza di una possibile autonomia anche riguardo a questo aspetto della pratica e della ricerca artistica.

Accessibile (Gratuità, prossimità dei pubblici e dei luoghi)

Gli spazi coinvolti in FEA Lisboa, poi, sono per lo più situati nelle zone della città dove i canoni di locazione sono più accessibili, o in stabili antichi, garage, laboratori, che poco hanno a che vedere con i luoghi turistici lisboneti più gettonati. Il Festival, quindi, mira a venire in contro alla città, in maniera opposta alla gentrificazione economico-culturale (che Lisbona proprio sta subendo in questi anni proprio per la sua recente forza turistico/attrattiva), favorendo la sovrapposizione inclusiva e la messa in relazione diretta degli eventi legati all’ Arte contemporanea ed al territorio, alla scoperta di modalità e luoghi inaspettati.

Dunque, parlando in termini di accessibilità, una buona percentuale di pubblico generalista, che altrimenti difficilmente entrerebbe in contatto con la produzione artistica contemporanea, favorito dalla gratuità degli ingressi, ha l’occasione di scoprire di avere degli artisti come “vicini di casa” reali o potenziali, di familiarizzare con le persone, le pratiche e i processi creativi che portano alla realizzazione dell’oggetto artistico così come lo vedranno in seguito nel museo. Al contempo, il pubblico specialistico internazionale, convogliato a Lisbona per la fiera, ha modo di scoprire la realtà quotidiana della scena artistica, conoscerne direttamente i protagonisti ed entrare in empatia con l’ambiente concreto che si trovano a visitare.Tutto ciò nel caso di FEA è stato possibile anche attraverso la realizzazione – in collaborazione con Contemporary Art Tours Lisbon – di tour pubblici degli spazi a partecipazione totalmente gratuita.

Appendice

Milano – Lisbona

Nel 2018 FEA è nato dopo la conclusione alla precedente esperienza milanese di Studi Festival, con l’intenzione proseguirne la sperimentazione e di lavorare nella peculiare scena lisboneta, ma anche con l’obbiettivo di verificare se le necessità che vi erano alla base e le modalità di affrontarle fossero condivise e condivisibili anche in un contesto differente, e quindi se si trattasse in qualche modo di problematiche internazionali e generazionali.

Ad oggi il “successo” ottenuto sia a Lisbona che a Milano, facilitato dalla forte ricettività delle due città e dimostrato dall’ampia adesione del pubblico e dalla partecipazione degli artisti (anche nelle fasi di realizzazione/produzione/promozione del festival), ci porta quindi ad esprimere due questioni che, partendo da queste esperienze, a nostro avviso possono superarle:

- La diffusa necessità per gli artisti, di fronte al sistema dell’arte così come si configura oggi, di attuare pratiche di supporto reciproco e di riscoprire una comunità artistica locale e reale di riferimento, che contribuisca alla sostenibilità della stessa, del singolo artista oltre che all’autonomia ed alla qualità della ricerca.

- La manifestazione del fatto che, ripensando il fenomeno artistico dalle sue fondamenta (la produzione delle opere, la pratica degli artisti) si possa ristabilire una relazione più reale, tangibile e quotidiana tra arte contemporanea e società.

A fronte di queste considerazioni nel 2019 abbiamo deciso di registrare FEA come Creative Commons, attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International (CC BY-NC-SA 4.0), rendendo il progetto così riproducibile gratuitamente in qualsiasi luogo rispettandone i parametri fondamentali, nella speranza che il lavoro di questi anni possa essere utilizzato, sia a livello pratico che come materiale di analisi, da chiunque ne condivida i valori e le necessità.[2]

BIO - Rebecca Moccia

Rebecca Moccia (Napoli, 1992). Attualmente vive e lavora a Milano. Dopo essersi diplomata in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 2014, si laurea in Storia e Critica d’arte all’Università Statale di Milano.
Dal 2012 partecipa a numerose mostre collettive tra le quali: L’intimità dell’immagine come luogo in comune (2012) a cura di Gianni Caravaggio a ViaFarini, DOCVA, Milano; Incontro nel 2013, a cura di Bernard Rudiger e Gianni Caravaggio al Réféctoire des Nonnes, ENSBA a Lione; Chaotic Passion (2015) a cura di Anna Lovecchio e CHAN, Museo di arte contemporanea di Villa Croce a Genova; Throwing Balls in the Air, Academiae Youth Art Biennale(2016) a cura di Christiane Rekade e Francesca Boenzi alla Fortezza di Bressanone / Franzenfeste; Io Sono Qui (2017) a cura di Lorenzo Bruni, MACRO Testaccio, Roma; More Than Words (2018) a cura di Daniela Ferrari a Mazzoleni, Londra; Il disegno politico italiano (2019) a cura di Aurora Fonda e Sandro Pignotti, galleria AplusA, Venezia.
Il 2015 è l’anno della sua prima mostra personale Sempre più di questo, a cura di Lorenzo Bruni presso la galleria Massimodeluca di Mestre (VE), seguita da: Substantial con Ornaghi e Prestinari con il contributo di Ginevra Bria a The Open Box a Milano (2016); Cuore, a cura di Stefano Giuri presso Toast Project space a Firenze (2019); Catarifrangente a cura di Jessica Bianchera presso Spazio Cordis, Verona (2019) e Da qui tutto bene a cura di Sergio Risaliti presso il Museo Novecento di Firenze (2019). Per Mazzoleni Torino, in occasione dell’ultima edizione di Artissima, ha realizzato l’installazione Rest your Eyes a cura di Gaspare Luigi Marcone.

Parallelamente alla produzione artistica, Rebecca Moccia ha lavorato all’ ideazione di progetti artist-run come le tre edizioni, da 2015-2017 di Studi Festival a Milano e di FEA Lisboa durante ARCOlisboa 2018 -2019 oltre ad essere attivista nel gruppo AWI – Art Workers Italia.

BIO - Orsola Vannocci Bonsi

Orsola Vannocci Bonsi (Firenze, 1992) è una curatrice free-lance che collabora con il collettivo curatoriale internazionale con sede a Lisbona, Da Luz Collective, che si propone di mostrare, valorizzare e illustrare nuove opere d'arte e artisti emergenti in una prospettiva di "visione" e critica "visiva". Ha appena terminato il suo MA in Culture Studies all'Universidade Católica Portuguesa di Lisbona, con la tesi "Towards an Agonistic Ethics in Contemporary Art". La sua principale area di interesse è la relazione tra identità culturale, conflitto e politica e come si traduce questo nell'arte. Parallelamente ai suoi studi e alla sua attività curatoriale, Vannocci Bonsi lavora anche, come project manager, in FEA - Festival dos Espaços dos Artistas de Lisboa, un festival gestito da artisti dedicato agli spazi degli artisti di Lisbona, creato per promuovere l'autonomia artistica e il rinnovamento del sistema dell'arte in una prospettiva collaborativa e mutualistica.