INDAGINI: Lorenzo Bruni intervista Vittorio Gaddi

LB: Prima opera che hai comprato?
VG: La prima opera che ho comprato sono in realtà due e precisamente una scultura ed un grande dipinto su carta “Sole” di Giò Pomodoro, che acquistai direttamente dall’artista che andai a conoscere nel suo studio di Querceta. In realtà però quando ho acquistato quei lavori non avevo la consapevolezza che avrebbero costituito l’inizio di una collezione perché li presi con l’intento di arredare una casa che avevo acquistato nelle campagne di Lucca. Probabilmente, se ricordo bene, il primo acquisto fatto con l’idea di collezionare è stato un dipinto di Vanessa Beecroft che comprai a Venezia alla Galleria “Il Capricorno” di Bruna Aickelin.

LB: Dove tieni le opere o come le fruisci e condividi?
VG: Le opere le tengo in piccola parte nel mio studio di Lucca e nell’appartamento soprastante al mio studio. Il grosso della Collezione si trova però in una grande casa nelle campagne della Lucchesia e precisamente a Vorno, frazione del Comune di Capannori, località che dista pochissimi chilometri dall’uscita autostradale di Lucca. Preciso che sia l’appartamento sopra lo studio che la casa di Vorno sono oggi privi di ogni oggetto di arredo essendo esclusivamente destinati ad ospitare le opere della collezione, che è visitabile da chiunque previa appuntamento.

LB: Il tuo rapporto con le fiere?
VG: Le Fiere costituiscono un fenomeno che ha assunto una importanza decisiva nello sviluppo di una collezione perché la visita di una fiera consente di farsi un’idea complessiva dello stato dell’arte contemporanea, dell’evoluzione dei gusti e delle nuove  tendenze, di scoprire nuovi talenti e di seguire l’evoluzione degli artisti già conosciuti: in pochissimi giorni si riesce a vedere un numero di opere quante se ne vedrebbero in parecchi mesi visitando le gallerie (il cui ruolo resta comunque a mio giudizio essenziale ed insostituibile) spesso oltretutto ubicate in paesi del mondo molto distanti dall’Italia.

Le Fiere quindi offrono molteplici opportunità per gli acquisti e consentono anche di conoscere e instaurare rapporti e contatti con gallerie collocate nei luoghi più disparati del mondo.

LB: Com’è cambiato negli anni il tuo rapporto con le gallerie?
VG: Il mio rapporto con le gallerie nel corso degli anni è cambiato moltissimo. Con l’evolversi della collezione e quindi con la crescita del suo prestigio mi sono trovato a passare dalla condizione di “corteggiatore” spesso respinto a quella di “corteggiato”. Intendo dire che all’inizio (verso la metà degli anni Novanta del secolo scorso) spesso le mie richieste rivolte alle gallerie per acquistare le opere degli artisti che mi piacevano venivano respinte con pretesti vari, mentre oggi mi trovo a ricevere pressoché quotidianamente tramite “mail” da gallerie di tutto il mondo le immagini “in anteprima” delle opere che verranno esposte nelle fiere o relative alle mostre personali che stanno per essere inaugurate in galleria. E mi riferisco non solo alle gallerie con le quali ho avuto contatti e ho concluso affari nel corso degli anni ma anche a gallerie, anche importantissime a livello internazionale e di ogni continente, con le quali non ho mai avuto alcun contatto. Senza contare gli innumerevoli inviti che ricevo per partecipare alle inaugurazioni delle mostre.

LB: Se ti chiedessi di citarmi un’opera che ti viene in mente ora…cosa mi risponderesti?
VG: La domanda posta può avere due chiavi di lettura. Se si riferisce ad un’opera d’arte in generale (e quindi a prescindere dall’epoca in cui è stata eseguita) rispondo “Las Meninas” di Diego  Velàzquez, se invece è riferita ad un’opera della mia collezione non me la sento di dare una risposta precisa: le opere che ho acquistato le considero tutte (quelle più belle e quelle meno belle) come delle figlie e non intendo rivelare una predilezione speciale per nessuna di loro. Se proprio devo dare una risposta direi che in generale mi viene in mente l’ultima opera acquistata perché è quella che per ultima ha fatto scattare la scintilla nel mio cuore, spingendomi a possederla.

LB: Come hai affrontato il periodo della quarantena? E come ha influito sul tuo rapporto con l’arte? 
VG: In generale la mia vita non è cambiata molto perché il mio studio non è rimasto chiuso nemmeno un giorno durante il lockdown. Quindi ho continuato a percorrere quotidianamente, come facevo prima, il tragitto casa-studio e viceversa (la mia abitazione, in Versilia, dista circa trenta chilometri dallo studio che è a Lucca). L’unica differenza percepita è stata la quasi totale assenza di visite da parte della clientela in quanto l’attività, durante la quarantena, si è ridotta ai minimi termini, essendo consentito svolgerla, ma solo nei casi di urgenza e indifferibilità. Pertanto la definirei una “normalità surreale” perché anche il telefono non squillava quasi mai. Per quanto riguarda invece il rapporto con l’arte ovviamente c’è stato un cambiamento radicale di approccio, vista la impossibilità di visitare “fisicamente” gallerie e fiere. Il surrogato, purtroppo non molto soddisfacente, è stata la indigestione di visite “online” (per le mostre nelle gallerie spesso era possibile farlo anche in epoca precedente alla pandemia) e il proliferare di interviste agli addetti ai lavori (artisti, curatori, collezionisti, galleristi ecc.) sulle piattaforme digitali. Purtroppo niente, a mio giudizio, può sostituire il contatto fisico con le opere, che, lo confesso, mi è molto mancato.

 LB: Molte fiere hanno lavorato sulla loro edizione online. Quale di queste ti ha colpito di più o quale hai seguito?
VG: Confesso che ho trovato le fiere online piuttosto noiose. Dopo un po’ di tempo mi sembrava di osservare delle raccolte di figurine anziché di opere d’arte, anche se devo dire che le piattaforme delle tre fiere online che ho seguito (in ordine cronologico Art Basel Hong Kong, Frieze New York e Art Basel Basel) erano tutte ben realizzate. Ma, lo ribadisco, l’approccio fisico con l’opera, specialmente per il medium “pittura”, a mio giudizio è insostituibile.

LB: In questo periodo di lockdown hai scoperto un artista in particolare da aggiungere alla tua collezione?
VG: Sì, ho acquistato a Frieze New York online dalla Galleria Gregor Staiger di Zurigo, un’opera dell’artista croata Nora Turato.  

BIO - Vittorio Gaddi - Collezione Nunzia e Vittorio Gaddi

Dove: Lucca e Vorno.

Da quando: Dai primi anni ’90.

Chi: Vittorio Gaddi è nato a Pisa nel 1952. Dopo essersi laureato in Giurisprudenza ha vinto il concorso notarile iniziando ad esercitare la professione nel 1983. Inizialmente appassionato alla musica blues e rock di matrice anglo-americana, si è innamorato delle arti visive contemporanee (che già prima peraltro seguiva, anche se marginalmente) dopo una visita alla biennale di Venezia del 1982, ereditando la passione dalla madre che era una pittrice dilettante. 

Ha iniziato a collezionare nella seconda metà degli anni novanta. La collezione è collocata in due spazi, a Lucca e a Vorno (frazione del comune di Capannori nella campagna lucchese) e molte opere che ne fanno parte sono state esposte presso importanti istituzioni museali italiane ed internazionali.

La collezione, intitolata anche alla moglie Nunzia, è citata nel libro di Adriana Polveroni e Marianna Agliottone “Il piacere dell’arte. Pratica e fenomenologia del collezionismo contemporaneo in Italia” (Johan & Levi Editore) ed inserita nelle ultime tre edizioni della “BMW Art Guide by Independent Collecotors” (Hatje Cantz Editore)

Vittorio Gaddi - La mia collezione la definirei un “autoritratto” in quanto dalle scelte che ciascun collezionista fa e che rendono una molteplicità di opere anche molto diverse fra loro un “tutto” unico che trascende i singoli elementi del puzzle, ritengo che emerga un suo ritratto interiore che ne definisce i gusti e la personalità, rilevandone gli aspetti più reconditi; in definitiva la collezione è un vero e proprio specchio dell’anima.